Le origini ebraiche di Eva Braun, l'ultimo segreto nascosto nel dna
- Scritto da Mario Avagliano
- Pubblicato in Articoli
- 0 commenti
di Mario Avagliano
Ve lo immaginate Adolf Hitler, il dittatore nazista che mandò a morte milioni di ebrei nei campi di sterminio o in stragi efferate compiute in mezza Europa, legato a vita ad un’ebrea? Sembra fantastoria, ma potrebbe essere andata davvero così. Eva Braun, l'"arianissima" compagna e poi moglie del Führer, dagli occhi azzurri e i capelli biondi da valchiria, sarebbe in realtà di origine ebraica. A rivelarlo, le analisi del suo Dna, effettuate per un documentario che verrà diffuso mercoledì dalla rete britannica Channel 4. Se la notizia fosse confermata (in questi casi è doveroso essere cauti), sarebbe davvero un caso paradossale di nemesi storica, di vendetta postuma della Storia.
L’incredibile scoperta, ha anticipato la tv inglese, è seguita al ritrovamento di una spazzola da capelli della Braun a Berghof, il buen retiro bavarese di Hitler, dove lei trascorse gran parte della seconda guerra mondiale. La spezzaola venne trovat dal capitano della Settima Armata amricana Paul Baeer, alla sua morte il figlio diede i capelli ad un raccoglitore di reliquie che poi li ha rivenduti ora per duemila dollari. Su quei capelli i ricercatori hanno identificato una sequenza specifica di dna «fortemente associata» agli ebrei askenaziti, che rappresentano l'80% circa della popolazione ebraica. In Germania numerosi ebrei askenaziti si erano convertiti al cattolicesimo nell'Ottocento. "Non avrei mai creduto di ritrovarmi davanti a un risultato così straordinario", ha commentato Mark Evans, presentatore della trasmissione televisiva “the dead famous dna”.
Per confermare senza ombra di dubbi l'ipotesi, si attende però di paragonare il dna della Braun a quello delle due sue discendenti ancora vive, che fino ad oggi hanno rifiutato di sottoporsi al test. Fräulein Eva Braun era originaria di Monaco, dove vide la luce il 6 febbraio 1912 nella Isabellastraße 45, secondogenita delle tre figlie dell’insegnante Friedrich Braun e di Franziska Kronberger (le sorelle si chiamavano Ilse e Margarete). Cattolica, da adolescente era piuttosto grassa e fu una studentessa pigra, capricciosa e ribelle. L’unica materia in cui eccelleva era lo sport, in particolare sci e pattinaggio. Divorava le riviste di cinema e i romanzi rosa e sognava una carriera nello spettacolo come ballerina o attrice. L'incontro con Hitler, che nel suo libello Mein Kampf aveva scritto tra le altre cose che “gli ebrei sono indubbiamente una razza, ma non sono umani”, avvenne quando Eva aveva 17 anni ed ebbe come teatro l’atelier di Heinrich Hoffmann, fotografo ufficiale del partito nazionalsocialista, dove nel settembre 1929 era stata assunta come commessa e apprendista fotografa. Appena dopo un mese, Adolf nota la bella ragazzotta dalle splendide gambe ed inizia il corteggiamento, con regali, baciamani e complimenti galanti.
La relazione, per qualche anno platonica e comunque altalenante, venne tenuta all'oscuro dei genitori di Eva. Hitler, nel frattempo, frequentava anche altre donne, come la bellissima nipote Angelica Maria Raubal, Geli per gli amici, che poi si ucciderà con un colpo di pistola al cuore. E d’altra parte il padre di Eva, Fritz Braun, considerava il futuro genero “un tipo senza arte né parte, un imbecille che vorrebbe riformare il mondo”, e non sapeva delle passeggiate dei due all’Englische Garten, il più bel giardino di Monaco, o delle gite a Stanberg, sul lago, a bordo di una scintillante Mercedes nera da 22 mila marchi, dono della Daimler-Benz, né dei concerti di opera alla Staatsoper o dei pranzi all’Osteria Bavaria.Solo all’inizio del 1932, un anno prima dell'ascesa al potere di Hitler, la bionda assistente fotografa diventò ufficialmente l’amante del leader nazista. Una relazione tormentata. Hitler non aveva un'alta opinione di lei e d'altra parte il suo successo in politica gli procurava uno stuolo di ammiratrici e occasioni a go go. Tanto che Eva, forse proprio per gelosia, il 1° novembre tentò di suicidarsi sparandosi un colpo in gola. Ripeterà il tentativo nel maggio 1935, ingerendo una extra dose di sonnifero, ma sarà salvata in tempo dalla sorella Ilse. Proprio quell’anno il Führer l’inserirà nello staff della sua segreteria e le regalerà una villetta a Monaco, arredata fra l’altro con gli acquerelli dello stesso Hitler, pittore fallito, bocciato in gioventù all’Accademia delle Belle Arti. Eva non aveva il carattere e la sensualità di Claretta Petacci, l’amante numero uno del duce italiano Benito Mussolini. Era un tipo scialbo, carina ma non esuberante, amava i viaggi e il cinema ma non si occupava di politica.
Insomma, corrispondeva perfettamente all’ideale di Hitler, a cui le donne che pensavano con la loro testa davano sui nervi (“Gli uomini molto intelligenti - confessò - devono prendersi una donna primitiva e stupida”). Le voleva belle e sciocche, silenziose e adoranti. Forse fu proprio questo il segreto della durata della sua relazione con Hitler, al fianco del quale rimase durante tutta la tragica avventura bellica scatenata dalla Germania e sino agli ultimi giorni nel bunker di Berlino. In quella città alla deriva, distrutta dai bombardamenti, con i russi dentro le mura, alle due del mattino di domenica 29 aprile 1945 la bionda bavarese, forse di origine ebraica, coronò il suo sogno d’amore, sposando Hitler nel bunker sotto la Cancelleria e diventando così la signora Eva Hitler. Il giorno dopo, nel primo pomeriggio, i due novelli sposi si suicidarono e i loro corpi, cosparsi di benzina da Erich Kempka, l’autista del Führer, vennero bruciati. Una fine per certi versi simile a quella di Claretta Petacci, il cui corpo fu esposto nel Piazzale Loreto a Milano assieme a quello del duce (anche lui, peraltro, aveva avuto un’amante ebrea: Margherita Sarfatti). Entrambe, Eva e Claretta, poterono dire del loro uomo: “Il mio destino è il suo”.
(Il Messaggero e Il Mattino del 6 aprile 2014)