Storie - Il razzista Almirante
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di Mario Avagliano
Piccolo ripasso di storia su Giorgio Almirante. Quando nell’agosto del 1938 il siciliano Telesio Interlandi, campione dell’antisemitismo fascista, viene nominato da Mussolini direttore dell’ignobile rivista «La Difesa della razza», chiama alla segreteria di redazione il suo giovane collaboratore al «Tevere» Almirante, nato a Salsomaggiore Terme, rampollo di una nobile famiglia molisana, che poi nel dopoguerra sarebbe diventato segretario del Msi.
Almirante si mette subito in luce. In un articolo sul numero 6 della rivista di quello stesso anno, intitolato Né con 98 né con 998, esplicita così la sua convinzione razzista: «il razzismo è il più vasto e coraggioso riconoscimento di sé che l'Italia abbia mai tentato. Chi teme ancor oggi che si tratti di un'imitazione straniera non si accorge di ragionare per assurdo».
Sul numero 3, sotto il titolo Roma antica e i giudei, Almirante aveva già fatto risalire le origini del razzismo fascista al tempo dei romani, sostenendo che in fatto di antigiudaismo gli italiani «non hanno avuto né avranno bisogno di andare a scuola da chicchessia». Polemizzando con Julius Evola, ancora nel ’42, sul numero 13, in un articolo dal titolo “…Ché la diritta via era smarrita… Contro le ‘pecorelle’ dello pseudo-razzismo antibiologico”, sottolineerà che «Il razzismo nostro deve essere quello del sangue […]. Altrimenti, finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei».
Forse sarebbe bene ricordare questi fatti (e quelli successivi di Almirante brigatista nero nella Repubblica di Salò) a chi oggi lo loda e a chi torna a chiedere di intitolargli strade a Roma e altrove.
(L'Unione Informa e Moked.it dell'8 luglio 2014)