Addio Zorzi, cantore storico di una Venezia senza età

di Mario Avagliano

   Ha "cantato" l'epopea della Serenissima e i grandi personaggi che ne hanno attraversato la storia. Da Marco Polo a Tiziano, da Tiepolo a Goldoni, passando per Tintoretto e Casanova. Tanto da meritare lui stesso l’appellativo di “Doge”. È scomparso a quasi 94 anni lo storico Alvise Zorzi, classe 1922, uno dei massimi studiosi della repubblica di Venezia, che lui stesso definiva “repubblica di terra e di mare”. "Il Doge è morto", ha scritto il figlio Pier Alvise sul suo profilo di Facebook, dandone per primo la notizia e ricordandone la data di nascita, 10 luglio 1922, e quella di morte, 14 maggio 2016.

Zorzi, nato nella città lagunare, a due passi da Rialto, il quartiere più antico di Venezia, veniva da una famiglia di letterati. Il padre Elio era giornalista e scrittore, oltre che direttore della Mostra del Cinema di Venezia negli anni del dopoguerra. La madre Irma Gelmetti (nota come Irma Valeria) era una poetessa futurista e traduttrice di classici. Anche la moglie Mimì Prinetti Castelletti è scrittrice.
Il Doge viveva tra Venezia e Roma, era un uomo colto, appassionato e cosmopolita che, come ha scritto il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, sapeva “come pochi leggere oltre le apparenze e rappresentare la vera e più intensa anima di Venezia e di quel Veneto che conosceva nei suoi aspetti più profondi”.  E respingeva con forza l’idea di una Venezia morente, ritenendo invece che sia una città viva e “allegrissima”.
Un intellettuale a tutto tondo, elegante e raffinato, che è stato anche direttore dei programmi culturali della Rai e vicepresidente dell'Unione Europea di Radiodiffusione.
Tra le sue opere, oltre al romanzo Il Doge (1994), dedicato alla figura  poco conosciuta di Gritti, spiccano Venezia scomparsa (1972), Vita di Marco Polo veneziano (1982), I palazzi veneziani (con fotografie di Paolo Marton, 1989), Canal Grande (1991), La monaca di Venezia (1996), San Marco per sempre (2001), Il colore e la gloria: genio, fortuna e passioni di Tiziano Vecellio (2003), L'Olimpo sul soffitto: i due Tiepolo tra Venezia e l'Europa (2006), fino alle più recenti Napoleone a Venezia (2010) e  Il denaro di Venezia: mercanti e monete della Serenissima (2012).

Forse il suo studio di sintesi è La Repubblica del Leone. Storia di Venezia (2001), in cui Zorzi ha raccontato le vicende del "piccolo popolo" di pescatori, marinai e tessitori che a partire dal 25 marzo 421, data leggendaria della fondazione di Venezia, si rifugiò sulle isole della laguna. Un popolo che seppe trasformare un territorio apparentemente inospitale in una meravigliosa città di palazzi, canali, chiese, teatri, piazze e calli, rendendo Venezia alla fine del Quattrocento la città più ricca del Mediterraneo, centro variopinto di banchieri, di mercanti e di viaggiatori e, con i suoi 150 mila abitanti, la terza città più popolosa d’Europa. Fino al periodo del declino, culminato nel 17 ottobre 1797, giorno in cui il trattato di Campoformio sancì la fine della Serenissima.
Il suo impegno per Venezia, “di cui era sinceramente innamorato”, come ha detto il presidente del Veneto Luca Zaia, non si è limitato ai saggi e agli importanti studi storici. Zorzi è stato anche membro del Comitato Consultivo per Venezia dell’Unesco, presidente del Comitato per la Pubblicazione delle Fonti per la Storia di Venezia e dal 1986 presidente dell’Associazione dei comitati privati internazionali per la salvaguardia di Venezia, facendone il luogo della rappresentanza dei veneziani del mondo - è il ricordo dell’ex ministro Paolo Costa - e di coloro che Venezia la sentono propria perché “bene che appartiene all'Umanità”. Un obiettivo per il quale il Doge ha speso tutta la sua vita.

(Il Messaggero, 16 maggio 2016)

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