L'Italia di Salò, l'intervista della Città di Salerno ad Avagliano
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"Anche i frustrati finivano a Salò"
di Davide Speranza
Solitamente si è propensi a credere – da fonti storiche ufficiali – che esistesse un Nord occupato dai tedeschi ed un Sud liberato e completamente depurato dal nazifascismo. Adesso un libro, “L’Italia di Salò”, permette di guardare la faccenda anche da un altro punto di vista: in Campania, la Repubblica di Salò di Mussolini aveva i suoi seguaci. Il volume (Il Mulino, pp. 490), è pubblicato da Mario Avagliano e Marco Palmieri, che – attraverso le lettere, i diari, i documenti del tempo – raccontano i motivi dell’adesione di tanti italiani alla Repubblica sociale e la loro partecipazione diretta ai crimini e agli eccidi degli occupanti tedeschi.
Il libro verrà presentato stamattina da Mario Avagliano, cavese di origine, alle 9.45, al Comune di Cava de’ Tirreni, con la collaborazione dell’associazione Giornalisti Cava-Costa d’Amalfi “Lucio Barone”, il sostegno del Rotary Club e delle associazioni “Amici della Terza Età - Antico Borgo” e “Sei di Cava se”. Oggi pomeriggio, alle 18.30, sarà presentato invece a Nocera Superiore, con l’organizzazione dell’associazione Polis Sa e dell’Istituto Galante Oliva all’interno della rassegna “Libri corsari”.
Mario Avagliano, come si presenta l’Italia all’indomani dell’Armistizio?
Era un’Italia divisa in due, e non soltanto geograficamente, con la Repubblica di Salò istituita dopo la liberazione di Mussolini e dopo l’occupazione tedesca del Centro Nord, da una parte, e il Regno del Sud, dall’altra. Ma i seguaci di Mussolini erano presenti anche tra i meridionali. Tra questi, esisteva una terminologia che potrebbe indicare una forma di resistenza contro gli alleati. Parlavano di Italia occupata. Ma noi sappiamo che per i partigiani il paese occupato era quello del Centro Nord e l’Italia liberata era il Sud, mentre per i fascisti l’Italia da liberare era proprio il Mezzogiorno occupato dalle forze alleate. Insomma, un mondo rovesciato.
Chi aderisce al fascismo clandestino?
Soprattutto due categorie, i giovanissimi e gli anziani. La generazione di mezzo, 30enni e 40enni, sono più critici nei confronti del fascismo, avendone conosciuto il vero volto e avendo partecipato alle battaglie in Grecia, nei Balcani, in Africa, Russia; o avendo disapprovato la partecipazione del fascismo agli atti di violenza perpetrati dai tedeschi.
Con questo libro cosa indagate?
Le motivazioni che spingono oltre mezzo milione di italiani ad aderire alla Repubblica sociale di Salò. La risposta non è univoca. Una quota di adesioni arriva a causa dei bombardamenti alleati, i quali colpiscono le città italiane, provocando morti e distruzioni che non sono viste di buon occhio dalla popolazione. I gerarchi rimasti nel mito di Mussolini, ne fecero fino all’ultimo un vero e proprio idolo. Poi c’erano le adesioni che avvenivano per carrierismo, opportunismo, necessità di sfamare la propria famiglia. Ci sono persone costrette ad aderire perché si prevedono rappresaglie e pene di morte. L’amore di patria è una delle categorie, ma anche lo spirito di avventura o la voglia di dare sfogo alle proprie frustrazioni e allo spirito violento.
In Campania, quali furono i centri nevralgici dei nuclei fascisti?
A Napoli c’era una organizzazione che faceva capo al principe Valerio Pignatelli. La repubblica sociale inviò spie paracadutate a Castellammare di Stabia. Si misero in contatto col principe stesso. Tra le operazioni progettate, c’era il rapimento di Benedetto Croce a Sorrento. A Salerno le forze dell’ordine segnalarono un nucleo fascista, come a Sala Consilina.
Come si muovevano questi ragazzi?
Erano autori di scritte sui muri. Facevano volantinaggio clandestino, producevano giornali inneggianti al fascismo, furono protagonisti dei primi attentati terroristici che avrebbero poi caratterizzato la storia della Repubblica con l’eversione di destra. Il mito della resistenza nera era alimentato dall’invenzione del giovane ufficiale “Scugnizzo”, protagonista di fantomatiche imprese contro gli anglo-americani. I fascisti, poi, cercarono di manipolare le proteste in tutto il Mezzogiorno, quando il governo legittimo chiamò alla leva i meridionali per partecipare alla liberazione. Gli italiani non avevano più voglia di guerra e i fascisti non persero tempo a strumentalizzare la cosa.