Intervista a Giuseppe Acocella, giurista
di Mario Avagliano
“Le vicende giudiziarie di questi giorni sono la spia di quello che è accaduto negli ultimi dieci anni a Salerno. E’ mancata una politica di sviluppo economico. Non si crea sviluppo con la movida, i marciapiedi e le fontanelle. Si creano soltanto movimenti di denaro, con tutti i pericoli che questo comporta…”. A lanciare il J’accuse nei confronti dell’era De Luca, è il professore Pino Acocella, classe 1948, nato ad Andretta, in Alta Irpinia (“nel collegio elettorale del grande De Sanctis”), ma cresciuto e formatosi a Salerno, dall’ottobre scorso vicepresidente nazionale del CNEL, docente universitario a Napoli, già esponente di spicco della Cisl e del Ppi. Acocella, che nel ’93 sfidò De Luca in rappresentanza del centro e fu sconfitto al ballottaggio, ricorda ancora quella campagna elettorale e afferma: “Già allora denunciai le strane relazioni del mio avversario con i costruttori salernitani”. Poi aggiunge: “Il tempo è galantuomo”.
Salerno per lei ha inizio nel quartiere del Carmine.
Vivo da sempre al Carmine e ci sto benissimo, anche se è cambiato molto. Negli anni Cinquanta il Carmine era un quartiere nuovo, di espansione del centro, anche se aveva già una sua identità. Ricordo ancora i pomeriggi e le domeniche all’oratorio dei salesiani, che ha costituito per tante generazioni di giovani salernitani, da Ravera in poi, l’unico vero luogo di aggregazione sociale della città.
Lei è stato anche uno dei primi alunni del Liceo classico “De Sanctis”.
E’ vero, ho frequentato il ginnasio al “Tasso”. Poi la mia sezione fu trasferita nel nuovo liceo, sito in località Calcedonia. Eravamo una bella classe, composta da ragazzi che poi hanno fatto carriera, come Pasquale Andria, il cardiologo Marchionne, l’avvocato Gammardella, il professore Di Marco dell’Università di Napoli, il dottor Piscione del Policlinico, il professore De Simone che ora insegna alla facoltà di Ingegneria. Anche i docenti erano di prim’ordine. Penso al professore Esposito di latino e greco e all’indimenticabile professoressa Marsilia Cantarella di matematica e fisica.
Com’era Salerno in quegli anni?
Era una città che attraversava un periodo di grandi trasformazioni, politiche e sociali. Io ho vissuto questa fase nell’avamposto dell’associazionismo cattolico, che era fortissimo a Salerno. Sono stato dirigente dell’Azione Cattolica e consigliere nazionale delle Acli, che costituiva la punta di diamante dello schieramento popolare-sociale.
A Palazzo di Città c’era un sindaco che si chiamava Alfonso Menna…
Menna era un personaggio straordinario, che esercitava una governance molto accentuata su Salerno, nonostante i limiti legislativi sui poteri dei primi cittadini, che oggi hanno più margini di intervento. Menna fu un sindaco capace di andare oltre l’ordinaria di amministrazione e di pensare al progetto, allo sviluppo economico di Salerno. Fu lui ad inventare il disegno della “Grande Salerno”. Fu Menna, alla guida dell’Isveimer, a rendere possibili a Salerno i grandi insediamenti industriali della Marzotto, della Ideal Standard e così via, e a capire l’importanza della portualità.
Dopo la laurea in Giurisprudenza, nel ’71 cominciò la sua carriera accademica.
Mi sono laureato all’Università di Napoli con il professor Antonio Villani, anche se la mia tesi fu seguita dal professor Tessitore, che è stato il mio maestro. Con lui ho fatto poi tutta la mia carriera universitaria. Il mio primo incarico l’ho avuto all’ateneo di Salerno, alla cattedra di Storia dei movimenti sindacali. Sempre nel ‘71 ho iniziato l’avventura nel sindacato e sono stato tra i fondatori a livello nazionale della Cisl Università. Nella mia vita ho avuto la fortuna di poter accompagnare l’attività di docente all’impegno sociale, come insegnava il grande De Sanctis.
A proposito di impegno sociale, negli anni Ottanta lei è stato uno dei promotori dell’Osservatorio sulla camorra.
Sì, prima diedi un contribuito a costituire la Fondazione Colasanto e poi, in quell’ambito, nel 1982 fui tra i promotori dell’Osservatorio sulla camorra, assieme ad Amato Lamberti. L’Osservatorio fu il primo a registrare la trasformazione della camorra in organizzazione imprenditoriale e a comprendere e ad analizzare come e perché la gestione della ricostruzione dopo il terremoto fosse stata purtroppo un’occasione di infiltrazione della criminalità nel tessuto politico, sociale ed economico della Campania.
Nel frattempo entrava a far parte della segreteria regionale della Cisl…
E’ stato per me un periodo assai interessante e stimolante, nel quale ho potuto dare un contributo alle politiche di decentramento territoriale. E’ in quegli anni che è nata la spinta al federalismo che poi ha trovato attuazione nelle leggi Bassanini e nell’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di Regione e provincia e che ora vede la sua fine ingloriosa nel processo di devolution.
Arriviamo così al ’93, anno in cui lei scende in campo come candidato a sindaco di Salerno.
Persi al ballottaggio con De Luca, alla guida di un’aggregazione di centro. Salerno è una città estremista: o va a destra o a sinistra. E poi io non avevo partiti organizzati alle spalle. Tangentopoli aveva frantumato le vecchie formazioni politiche. Tuttavia ho un bel ricordo di quella campagna elettorale, stressante e sfiancante ma anche esaltante. Ebbi l’appoggio entusiasta e incredibile di tantissimi giovani. La sera del ballottaggio, nonostante la sconfitta, tagliammo la torta e io mi commossi vedendo i miei sostenitori che piangevano. Comunque sul risultato delle elezioni pesarono anche altri fattori.
Tipo?
Già allora denunciai le strane relazioni del mio avversario con i costruttori salernitani. E lanciai l’idea delle circoscrizioni come elemento di controllo da parte dei cittadini sul Palazzo di città. Il mio slogan era “la forza della trasparenza”. I fatti di questi giorni dimostrano che avevo ragione.
Lei fu poi capogruppo del Ppi in consiglio comunale.
Fino al 1997. Nel gruppo consiliare c’erano politici di valore, come Manzione, Iannuzzi e Pinto. Ricordo che in più occasioni misi in guardia in consiglio comunale la città e l’opinione pubblica sulla mancanza di progettualità della classe politica di governo, sull’eccessiva attenzione all’arredo urbano e sul conseguente indebitamento delle casse comunali. Espressi anche tutte le mie perplessità sul Piano regolatore.
Ce le ricorda?
Beh, mi opposi duramente e dissi che così si lasciava troppe porte aperte a continue varianti urbanistiche, con un forte incremento dei costi. Ma l’inchiesta giudiziaria di questi giorni dimostra che probabilmente questo era il preciso intento politico, come si legge nelle intercettazioni dell’ex assessore Martino. Nel merito, spiegai anche che era sbagliato il disegno di fare di Salerno una città tutta proiettata sul commercio e sul terziario pubblico. E infatti quel piano si è rivelato fallimentare.
La sua è un’analisi impietosa.
E’ un’analisi realistica. Non si creano sviluppo e occupazione con le società miste dei parcheggi o assumendo i propri figli o i parenti nelle società del gas e dell’acqua. In questi anni non si è fatto altro che gonfiare l’apparato pubblico e anche il sogno del polo scientifico e tecnologico si è rivelato effimero. Il risultato è che oggi Salerno è una città invecchiata, senza prospettive, nonostante la presenza di una grande università, con 45 mila studenti. Vedo con preoccupazione che le migliori intelligenze vanno via dalla città. Salerno è una città in crisi.
Come mai?
Manca una guida politica. Manca una strategia economica. Mancano politiche per i giovani. Quando una classe dirigente s’impegna di più a promuovere la movida e a rilasciare licenze commerciali che a sviluppare l’economia e a creare opportunità di lavoro, le conseguenze non possono essere che queste. Con i locali pubblici non si costruisce l’avvenire. Si creano solo movimenti di denaro con tutti i pericoli che questo comporta…
Lei si riferisce all’inchiesta giudiziaria. Che idea si è fatto di questa vicenda?
Mi pare che il difetto maggiore sia stato la costituzione di un ceto politico interessato soprattutto a sopravvivere e a consolidarsi, piuttosto che a servire la comunità. Un ceto politico che, attraverso una rete di rapporti che ha coinvolto vasti settori economici e sociali, ha costruito le proprie fortune e non le fortune della città, avvalendosi di una specie di consenso unanime per una pratica amministrativa che si alimentava soltanto di panchine e di marciapiedi, a copertura di un progetto di sviluppo che in realtà non esisteva.
Vuole dire che non c’è stata opposizione e che sono mancate le voci critiche.
Esattamente. A causa di questo consenso unanime, è mancato un vero dibattito sulle scelte strategiche da seguire, sulle politiche economiche da intraprendere, in altre parole su che cosa doveva essere la Salerno del Duemila. Una situazione di questo tipo a lungo andare diventa patologica. Questo è un problema non solo di Salerno ma di tutti i sistemi democratici. Quando la democrazia degenera, e non c’è altra possibilità, intervengono gli altri poteri dello Stato. In questo caso è intervenuta la magistratura. E questo, se la magistratura è indipendente, sottolineo indipendente, è comunque un vantaggio per Salerno.
Come se ne esce? E può essere ancora il centrosinistra a guidare il timone della città?
Occorrono politiche formative e di occupazione. Il lavoro futuro è solo il lavoro qualificato.
(La Città di Salerno, 15 gennaio 2006)
Scheda biografica
Pino Acocella è nato il 10 agosto 1948 ad Andretta (AV).
Vive a Salerno.
Istruzione: laureato in Giurisprudenza nell'Università degli studi di Napoli "Federico II"
Incarico pubblico: Il 13 ottobre 2005 è stato eletto Vice Presidente del CNEL per la Consiliatura 2005-2010 (VIII).
Attività: è Professore Ordinario di Etica sociale e Presidente del Corso di laurea in Scienze del servizio sociale e del Corso di laurea specialistica in Progettazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali dell'Università degli studi di Napoli "Federico II"
Carriera: Dal 1974 al 1978 ha diretto l'Ufficio studi della Unione Sindacale regionale della CISL- Campania, della cui Segreteria ha fatto parte dal 1987 al 1993. Dal 1978 al 1981 è stato condirettore della Scuola sindacale CISL per il Mezzogiorno , e, successivamente, Presidente della Fondazione "D. Colasanto" (con la quale promosse il primo "Osservatorio sulla camorra" nel 1982) dal 1981 al 1990. E' stato Consigliere comunale di Salerno dal 1993 al 1997. Iscritto alla CISL Università dal 1971, dal momento della sua fondazione, ne è stato Segretario generale dal 1997 al 2001, per poi assumere l'incarico di Direttore del Centro studi nazionale della CISL dal 2001 al 2005.
Autore di monografie e saggi sui problemi dello Stato contemporaneo, sulla crisi del diritto, sulla storia delle idee economiche e sociali e del pensiero etico-politico, sulla storia della cultura e dei movimenti sociali, ha negli ultimi anni pubblicato numerosi saggi in materia di etica applicata (etica della economia e della impresa, della comunicazione, bioetica sociale). Tra gli ultimi volumi pubblicati: Elementi di bioetica sociale (1998); Storia della Cisl, (III ed. 2000); Le tavole della legge. Educazione, società, Stato nell'etica civile di Aristide Gabelli (II ed. 2005), Etica sociale (2003), Per una filosofia politica dell'Italia civile (2004).
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