Intervista a Claudio Gubitosi

di Mario Avagliano
 
 
“Il sogno del Giffoni Film Festival potrebbe essere vicino al capolinea”. Claudio Gubitosi, 54 anni, ideatore e direttore artistico del GFF, è in Australia, dove sta organizzando una nuova edizione del Festival dei ragazzi, che si terrà a Sidney nel 2007. Ma anche in lidi così lontani, il suo pensiero è rivolto al futuro di Giffoni. E ricordando quel lontano venerdì di novembre del 1970 in cui nacque il progetto della rassegna cinematografica, lancia un accorato appello al Presidente della Regione Antonio Bassolino e al Presidente della Provincia Angelo Villani: “Non ci abbandonate! Il Festival non può durare in eterno. Il futuro è il Giffoni Multimedia Valley, un grande progetto di edu-entertainment, formazione e produzione, che ci metterebbe in grado di produrre film e cartoni animati da esportare in tutto il mondo, creando quasi 900 posti di lavoro stabile. Diteci se siete d’accordo oppure no. Il tempo stringe e qualcuno potrebbe rubarci l’idea”.
 
Facciamo viaggiare indietro la macchina del tempo. Partiamo dai ricordi della Giffoni che fu…
Fino all’età di dodici anni ho vissuto a Vassi, una frazione di Giffoni, che era una  specie di paese nel paese. Ho un bel ricordo di quel periodo. C’era un clima familiare, di forte cooperazione tra la gente. Ci si divertiva con poche cose e si era felici. Poi la mia famiglia si trasferì a Giffoni centro e anche lì mi integrai subito nella comunità locale. Fondai il primo giornale di Giffoni, che si chiamava “Noi Giovani” e coinvolgeva ben 150 ragazzi. Poi fui tra gli organizzatori della prima discoteca “protetta”: tutte le sere si stava assieme, ballando o ascoltando musica classica. Ero anche impegnato in politica, nella DC. Fui per diverso tempo consigliere comunale.  
Lei è stato anche un musicista.
Sì, mi dilettavo a suonare l’organo. Col tempo il mio hobby diventò un lavoro. In provincia gli organisti erano pochi ed io ero conteso dai parroci delle chiese di Giffoni e degli altri comuni vicini. Questo mi permetteva di raggranellare un po’ di soldi, che poi investii nel progetto del Festival. Ecco, posso dire che i sacerdoti sono stati i primi produttori della manifestazione di Giffoni.
Già, perché pochi sanno che lei organizzò la prima edizione del Festival quando aveva appena 18 anni…
Mi sono appassionato al cinema fin da quando ero bambino. Ero un habituè del cinema all’aperto di Giffoni, che si teneva dove oggi c’è il giardino degli aranci. Spesso davano film drammatici, come “La cieca di Sorrento” o “Non c’è pace tra gli ulivi”. Avrei dovuto scappare dal cinema, invece mi innamorai di quella meravigliosa arte dei sogni. Così imparai a fare l’operatore cinematografico al Cinema Teatro Valle di Giffoni e iniziai ad organizzare le prime rassegne sui film di Carmelo Bene e di Pasolini, cui seguivano lunghi dibattiti politici.
E quando nacque l’idea del Festival dei ragazzi?
Ricordo ancora il momento esatto. Era un venerdì di novembre del 1970. Piovigginava, il cielo era grigio, io mi trovavo nella piazza di Giffoni e sentivo qualcosa ribollirmi dentro. Il lunedì successivo chiamai a raccolta i pochi amici irriducibili cinofili, tra cui Carlo Andria, Mario Ferrara, Franco Rega e Generoso Andria, e illustrai il progetto di realizzare un festival internazionale dedicato ai ragazzi.
Perché ai ragazzi? 
L’idea di dedicarlo ai ragazzi veniva dal disagio di non aver vissuto un’infanzia di giochi e di apertura al mondo. Per me il cinema era l’unica occasione di sognare, di volare lontano dai confini di Giffoni… E pensavo che questo fosse un sentimento condiviso da tanti ragazzi.
I primi anni sono stati difficili?
Sono stati anni molto duri. La cosa più difficile era convincere il territorio della validità dell’idea e allo stesso tempo accettare le inevitabili derisioni, le critiche, perfino le accuse di voler creare un altro carrozzone della Dc. Ci sono stati momenti di sconforto, ma non mi sono mai arreso. Col passare del tempo, l’offerta qualitativa del Festival è cresciuta e anche l’industria cinematografica ci ha guardato con interesse.
Quale è stato il momento di svolta?
Direi il Festival del 1982, quando il regista François Truffaut accettò di essere nostro ospite, assieme alla splendida Fanny Ardano, e in una bellissima lettera, che mi consegnò prima di partire, scrisse che "…di tutti i festival del cinema quello di Giffoni è il più necessario". Fu per me una svolta soprattutto interiore. Le sue parole mi fecero capire che il Festival non poteva essere solo un hobby, ma doveva essere la mia attività principale. 
Allora di mestiere cosa faceva?
Nel 1979 mi ero dimesso da consigliere comunale e avevo vinto il concorso per dattilografo al comune di Giffoni. Due anni dopo ero stato chiamato alla Regione Campania, con il compito di curare le pubbliche relazioni. Lasciai l’incarico alla Regione e mi dedicai anima e corpo a riorganizzare la macchina del Festival, che fino ad allora viveva grazie al volontariato, trasformando quella manifestazione in un lavoro stabile per me e per tante altre persone. 
Missione compiuta.
E’ vero. I fatti ci hanno dato ragione. Oggi intorno al Festival gravitano oltre 240 persone.  E’ una vera e propria industria culturale. Abbiamo dimostrato che un’idea per affermarsi non ha bisogno di una location di fama internazionale. Se un’idea è buona, non conta se nasce a Sorrento, a Taormina, a Venezia oppure a… Giffoni. Anzi, come ha osservato acutamente il regista Emil Kusturica, la “diversità” di Giffoni, la sua natura di paese meridionale, con le persone affacciate ai balconi e i panni stesi ad asciugare al sole, è un punto di forza e costituisce un motivo di attrazione rispetto alle rassegne paludate che si svolgono in tutto il mondo.
In 35 anni di Festival, quali sono i ricordi che le sono rimasti nel cuore?
Certi momenti sono per me indimenticabili. Lo splendore e la bellezza di Meryl Streep. La poesia silenziosa di Kiarostami. L’irruenza di Alberto Sordi che, a dispetto di certe dicerie, era in realtà un uomo assai generoso. La paura di Zeffirelli di andare sul palco e di incontrare i ragazzi e il pubblico...
Il Festival ha anche cambiato il volto di Giffoni.
Giffoni ha creduto nel Festival ed è profondamente cambiata grazie a questa manifestazione. Oggi è un centro fiorente e gradevole. Il Festival ha dato un impulso notevole all’economia locale, non solo per i flussi turistici, ma perché ha stimolato la ricaduta sul territorio di importanti investimenti. Eppure c’è chi non lo riconosce.
Si spieghi meglio.
Vede, negli ultimi tempi c’è la tendenza a dire: “il Festival è importante, ma ci sono pure altre cose”. Nessuno ha il coraggio di affermare che il Festival è stato il motore principale di sviluppo di Giffoni e dell’area dei Picentini. Giffoni oggi è un marchio esportato in tutto il mondo, in Cina, in Australia, negli Stati Uniti, e che vanta numeri sbalorditivi: 100 mila persone provenienti da tutti i continenti per la settimana del Festival; 2.700 camere d’albergo occupate; 5 mila ritagli di rassegna stampa. Non c’è un esempio simile in Europa. Forse neppure alla Biennale di Venezia lavorano tanti giovani e intellettuali, che hanno sposato il progetto di Giffoni e che stanno crescendo assieme a noi.
Qual è il segreto di questo successo?
Se mi guardo indietro, devo constatare che nessuno ci ha mai regalato niente. Ci sono voluti passione, coraggio e tanto cuore. Ma la carta vincente è stata l’idea della “continuità”, la capacità di comprendere che il progetto Giffoni non poteva esaurirsi nella settimana del Festival. Non sarebbe servito all’industria cinematografica e non sarebbe stato utile all’economia locale. Ecco perché abbiamo sviluppato il rapporto con le scuole, investendo sulla formazione. Ecco perché è nata l’idea di costruire a Giffoni la cittadella del cinema. Fu proprio il Presidente Ciampi, attraverso il Cipe, il primo finanziatore di questo ambizioso progetto. 
L’altro significativo passaggio è stato l’internazionalizzazione del Festival.
Giffoni è diventata un punto di riferimento internazionale per un modello di incontro e scambio vivace e diretto tra universo produttivo e pubblico, a difesa del valore artistico del cinema, e del suo ruolo nella formazione di una matura coscienza critica delle nuove generazioni. I due accordi con la Cristal Sky di Los Angeles e con l’Adelaide Film Festival di Sidney, per l’”esportazione” del GFF, siglano il successo della formula. Nessun altra città al mondo ha avuto, come Giffoni, l’onore dell’apertura dei cancelli di Hollywood… Ma il GFF non si fermerà di certo qui. Nel 2006, infatti, approderà anche in Cina. Il Ministero dei Beni Culturali ha scelto il Giffoni Film Festival  per promuovere una rassegna di cinema italiano ed europeo per ragazzi, che si terrà il prossimo settembre.
Se il marchio Giffoni è apprezzato a livello mondiale, perché lei è preoccupato per il futuro del Festival?
Vede, viviamo in un momento particolare. L’affermarsi delle nuove tecnologie e la capacità finanziaria che possono avere altri soggetti, più grandi di noi, possono creare seri problemi. In un momento di crescita, si lavora assieme, si cerca di affrontare assieme le sfide. Io invece ho una brutta sensazione, anche perché noto una certa disaffezione del territorio. Nessuno ci dice che progetti avete, come possiamo aiutarvi… La compartecipazione è limitata al momento dell’elargizione del contributo, e questo non va bene. Giffoni per svilupparsi ha bisogno delle coccole e dell’attenzione di tutti e di un forte impegno collettivo.
Visto che le istituzioni sono latitanti, glielo chiediamo noi: che progetti ha Giffoni?
Visto che Giffoni è un marchio conosciuto in tutto il mondo, perché non affrontare la sfida della produzione? Non possiamo essere noi a realizzare cartoni animati o a produrre film per i ragazzi, visto che in Italia nessuno lo fa? Sono anni che propongo di costruire la Giffoni Multimedia Valley, con un Museo delle opere di Carlo Rambaldi, un campus per gli studenti, una cineteca regionale, ma predico nel deserto. Le istituzioni investono più sul food, sul cibo, che sulla cultura. Io invece penso che sia questa la strada giusta per attrarre le grandi masse e per creare lavoro stabile. Abbiamo previsto a regime di poter occupare 836 unità, in un settore molto avanzato. Tuttavia ho un gran timore…
Quale?
Il timore che questo progetto possa definitivamente arenarsi. Se così fosse, finirebbe il sogno di Giffoni. 
Il tema della 36a edizione del Giffoni Film Festival 2006 (in programma dal 15 al 22 luglio) è “L’Energia”. Perché?
Il 2006 doveva essere l’anno del silenzio. In un momento in cui tutti parlano e sparlano e non dicono niente, volevamo riflettere sul silenzio che riguarda le domande importanti dei giovani. Poi è venuta fuori l’idea di centrare il Festival sull’energia. In questo mondo di oggi c’è bisogno di energia, l’energia del pensiero, l’energia del sorriso… E c’è un bisogno di energia anche per costruire il futuro di Giffoni. Speriamo che Regione e Provincia lo capiscano…
 
 (La Città di Salerno, 19 febbraio 2006)
 
Carta d'identità
 
Claudio Gubitosi è nato a Giffoni Valle Piana il 20 ottobre 1951.
E’ Direttore Artistico del Giffoni Film Festival.
E’ sposato con Alfonsina Novellino, fondatrice dell’associazione Aura, impegnata nel sociale.
Ha due figli: Jacopo di 17 anni e NeviaClaudia di 12 anni.
Hobby: ascoltare musica classica (in particolare Mozart e Beethoven), chiacchierare, andare nei ristoranti e cucinare
Libro preferito: i saggi sulla tecnologia, i media e la tv
Film preferito: le pellicole di Federico Fellini e di PierPaolo Pasolini, il nuovo cinema italiano (in particolare i fratelli Muccino), le commedie
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