Intervista ad Alessandro Cellerino, scienziato
di Mario Avagliano
E’ una delle giovani promesse della neurobiologia italiana. Il suo progetto di ricerca sui segreti della longevità umana è stato recensito addirittura dal New York Times. Lo scienziato Alessandro Cellerino, salernitano, 35 anni, associato presso l'Istituto Nazionale di Neuroscienze del CNR e ricercatore della Scuola Normale Superiore di Pisa, indaga da tempo sui meccanismi che controllano lo sviluppo del cervello. Gli sono stati assegnati numerosi premi, anche internazionali. E il suo primo libro, intitolato “Eros e cervello”, che analizza il significato dei meccanismi alla base della sessualità e del comportamento affettivo e i circuiti cerebrali che sono alla base di questi comportamenti, è stato un successo di vendite e di critica.
Quanto ha contato Salerno nella sua formazione?
Il mio legame con Salerno è davvero forte, anche se sono andato via dalla mia città quand’ero bambino, dopo la morte prematura di mia madre. Durante l’adolescenza, infatti, ho trascorso buona parte delle ferie a Salerno, a casa della nonna e con gli zii e le zie materne. Ricordo in particolare le estati passate al mare, in uno stabilimento di Pastena, i giochi di spiaggia, le amicizie. Per me è stato un periodo indimenticabile.
Lei però è cresciuto a Napoli.
Sì, nel quartiere di Fuorigrotta. Ho seguito lì mio padre, prima professore e poi preside in un Istituto Tecnico Statale. Ho frequentato tutte le scuole a Napoli e, dopo la maturità al liceo scientifico, a 18 anni ho tentato la strada del concorso per entrare nella Scuola Normale di Pisa. E’ stato mio padre a convincermi a provare. Avrebbe voluto concorrere anche lui, quand’era studente. Mi è andata bene, ed eccomi qui.
Un’impresa difficile. Lei minimizza.
In effetti la Scuola Normale è molto selettiva. Ogni anno vengono ammessi soltanto 30 studenti di tutta Italia alla classe di scienze matematiche e fisiche naturali. D’altra parte io sono nato con la passione della biologia. Già da bambino sognavo di studiare gli animali e i loro comportamenti...
Ha sofferto il distacco dalla Campania?
A quell’età i distacchi non si sentono, sono una cosa abbastanza naturale. A Pisa poi ho trovato un ambiente sano, costituito da persone motivate e preparate, e assai stimolante sia dal punto di vista formativo che da quello umano. E’ stato più duro lasciare l’Italia e trasferirmi, in Germania prima a Monaco e poi a Tubinga. Anche se l’esperienza all’Istituto Max-Planck è stata straordinaria e mi ha consentito di entrare in contatto e di confrontarmi con ricercatori americani, inglesi, tedeschi, greci e di tante altre nazionalità.
Nel 1998 si è aggiudicato la prima edizione del prestigioso Premio Bruno Ceccarelli.
E’ stata per me una grossa soddisfazione. Una pietra miliare della mia carriera di scienziato, di cui vado particolarmente fiero. Tra l’altro Bruno Ceccarelli è un personaggio in cui mi riconosco, perché era uno studioso eclettico, uno che era al di fuori degli schemi del mondo accademico italiano.
Dopo i quattro anni in Germania, nel 2000 è tornato in Italia, come ricercatore presso la Scuola Normale di Pisa.
A Pisa ho cominciato un progetto di ricerca nuovo. Io di estrazione sono un neurobiologo, mi sono sempre occupato dello studio del cervello, per essere più precisi dei meccanismi che portano alla connessione tra i diversi neuroni all’interno del cervello. In questi ultimi anni ho cercato di sviluppare un filone di ricerca che utilizzasse un approccio di tipo evoluzionistico nello studio di questi meccanismi, avvalendosi di conoscenze che vanno dalla biologia evoluzionistica alla genetica molecolare, dalla neurobiologia alla psicofisica e alla psicologia evoluzionistica.
Cosa vuol dire in soldoni?
Abbiamo creato delle facce virtuali al calcolatore, per studiare come le persone reagiscono ai diversi tratti somatici, sia attraverso questionari sia attraverso l’esame delle percezioni a livello cerebrale. E’ venuto fuori che esiste una relazione tra le variazioni nella geometria dei volti e la percezione delle persone. In particolare i meccanismi di valutazione appaiono condizionati da meccanismi ancestrali che derivano dall’evoluzione darwiniana. La bellezza è stata un elemento importante nella selezione naturale: probabilmente l'uomo di Neanderthal è l'Homo sapiens, con cui era riuscito a convivere fino a 30 mila anni fa, non si sono mai incrociati perché per noi i Neanderthal erano poco attraenti e questo meccanismo influenza ancora oggi i nostri giudizi.
Sta affermando che la bellezza è un dato oggettivo?
E’ ormai abbastanza chiaro che esiste una componente biologica e innata che influenza la percezione della bellezza. Esiste cioè un meccanismo neuronale con il compito di analizzare la bellezza: questo spiegherebbe la velocità con cui il cervello, davanti ad un viso che riteniamo bello, produce un'onda caratteristica. E spiegherebbe anche perché un bambino piccolo guardi più a lungo un viso bello di uno brutto: esistono dei criteri di valutazione oggettivi ed innati.
Quali caratteristiche ha un volto bello?
Un volto bello ha dei tratti precisi, decisamente infantili: mento piccolo e vicino alla bocca, distanza breve tra occhi e bocca, fronte alta e labbra carnose. Nella realtà, il viso ideale, che piaccia a chiunque indistintamente, non esiste: esso sarebbe la media di tutti i volti. A un certo numero di soggetti sono stati mostrati visi ottenuti dalla fusione computerizzata di 2, 4, 8, 16, 32 visi reali. Ebbene, quanto maggiore era il numero dei visi utilizzati per costruire quello composito, tanto più quest'ultimo veniva giudicato attraente, e nessuno dei visi di partenza veniva preferito all'artificio finale.
Lei ha anche studiato il fenomeno dell’omosessualità. E’ una abitudine acquisita o un'inevitabile conseguenza di una particolare combinazione di geni che ognuno di noi eredita alla nascita?
La teoria classica della psicoanalisi considera l'omosessualità maschile il risultato di esperienze infantili, ed in particolare dell'interazione con un madre possessiva ed un padre assente. Nell'ultimo decennio però si sono accumulati indizi che indicano il coinvolgimenti di fattori genetici ed ereditari nell'omosessualità. Particolarmente convincente è lo studio di gemelli identici di cui uno omosessuale. In oltre la metà dei casi anche l'altro gemello risulta essere omosessuale. Studi successivi hanno dimostrato che l'omosessualità maschile tende ad essere trasmessa lungo la linea materna, e riguarda in particolare le madri di più figli. In base a questa ricerca, l’omosessualità sarebbe un sottoprodotto di geni che rende le donne particolarmente fertili.
Dal 2003 lei si sta occupando di studiare i meccanismi che influenzano la longevità. Una ricerca molto innovativa, di cui ha scritto anche il New York Times.
Sto studiando i fattori sia genetici che ambientali che controllano e modificano la longevità, utilizzando una specie particolari di pesci, denominata Nothobranchius, che abbiamo pescato appositamente in Africa e che vive soltanto tre mesi. Con questi pesci è possibile fare tanti tipi di sperimentazioni per verificare se una manipolazione o un trattamento farmacologico può cambiare la longevità. E’ chiaro che i risultati di questa ricerca potranno essere utili anche per approntare strategie tese ad allungare la vita delle persone.
Dopo un periodo trascorso all’estero, lei ha deciso di lavorare in Italia. Sulla base della sua esperienza personale, il fenomeno della fuga dei cervelli italiani all’estero è un’invenzione della stampa o è una realtà?
E’ una realtà. Io sono tornato in Italia per motivi personali, non perché ci fossero condizioni di lavoro migliori. Non a caso tutti i premi Nobel italiani hanno vinto il premio quando operavano all’estero. Purtroppo in Italia c’è scarsa considerazione per i ricercatori. Non si comprende che chi fa ricerca, contribuisce allo sviluppo del Paese. La ricerca crea innovazione, e l’innovazione è fondamentale per l’economia. Invece vengono investite pochissime risorse per la ricerca, siamo il fanalino di coda in Europa, e i pochi soldi disponibili vengono mal distribuiti, finiscono sempre nelle stesse mani. Il sistema di distribuzione dei fondi è bacato, favorisce i baroni della ricerca e serve soltanto a foraggiare le cordate che controllano il mondo accademico italiano. Se si pensa che in ambito biomedico le ricerche più d’avanguardia ed i ricercatori più brillanti e creativi sono finanziati da Telethon e non dallo Stato, il quadro è chiaro.
Un quadro buio...
Non del tutto. Per fortuna i ricercatori italiani sono abituati a fare miracoli e fanno scoperte scientifiche incredibili anche avendo a disposizione solo un terzo dei fondi dei loro colleghi all’estero. L’arte di arrangiarsi ce la portiamo dietro anche in laboratorio.
Il Sud è svantaggiato rispetto al Nord anche nel campo della ricerca?
Per quanto riguarda la distribuzione dei fondi, non mi pare. Piuttosto al Sud c’è un problema di infrastrutture e di mentalità. Spesso nelle università meridionali c’è poco interesse a fare ricerca. Da poco hanno aperto una scuola di eccellenza a Lecce. Speriamo che sia un segnale di svolta.
Da buon scienziato, avrà un sogno nel cassetto.
Guardi, il mio sogno è quello di creare una struttura, un istituto, dove si possa far ricerca con la mentalità degli Stati Uniti o dell’Inghilterra, in modo indipendente.
Salerno è ancora nel suo cuore?
Eccome! Ci torno almeno due volte all’anno, e amo passeggiare al lungomare oppure andare in costiera. Salerno è diventata una città molto ordinata. E’ un salotto rispetto a vent’anni fa. La trovo una città tranquilla, raccolta, a misura d’uomo, a differenza di Napoli, che per certi versi è una città infernale...
(La Città di Salerno, 28 novembre 2004)
Scheda biografica
Alessandro Celerino è nato a Salerno il 28 marzo del 1969. E’ stato ammesso nel 1987 alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove si è laureato in Biologia nel 1991, col massimo dei voti e la lode, e dove ha preso il dottorato in Neurobiologia. Ancora studente, ha iniziato il lavoro di ricerca a Pisa presso il laboratorio di Lamberto Maffei, per trasferirsi poi nel 1994 al laboratorio di Yves Alain Barde, presso l'Istituto di Psichiatria di Martinsried (Monaco di Baviera). Da qui è passato al Max-Planck di Tuebingen (laboratorio di Mathias Baehr), collaborando con il Dipartimento di Oftalmologia dell'Università (laboratorio di Konrad Kohler). Nel gennaio 1998 è tornato all'Istituto di Neurofisiologia del CNR di Pisa quale ricercatore a contratto. Ha vinto fellowships europee e tedesche, ha partecipato quale invited speaker a Congressi internazionali, incluso il Neuroscience Meeting del 1996, dove ha presieduto una slide session. Nel 1998 gli è stato assegnato il premio "Bruno Ceccarelli" per giovani ricercatori in Neuroscienze. Oltre a circa 25 articoli su ricerche internazionali, ha pubblicato nel 2002 "Eros e Cervello. Le radici biologiche di sessualità, estetica, amore" (Bollati Boringhieri), che è stato premiato con il Premio "Liceo Fermi, città di Cecina" per la divulgazione scientifica. Ha vinto anche il premio "Ecòle instument de Paix" per l' innovazione didattica. E’ associato presso l'Istituto Nazionale di Neuroscienze del CNR. Ha svolto numerosi studi sui meccanismi di sviluppo del cervello e collabora con "La Stampa", "Le Scienze", "Mente e Cervello"
- Pubblicato in Interviste