Intervista a Enrico Pinto, oncologo
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di Mario Avagliano
“L’istituzione della Facoltà di Medicina a Salerno non è più un sogno. Se il Ministro Moratti sbloccherà i fondi necessari, sarà cosa fatta”. A parlare è il professor Enrico Pinto, originario di Pisciotta, cresciuto e formatosi a Salerno, oncologo di fama internazionale, Direttore del Dipartimento di Chirurgia Generale e Oncologica e dell’Unità operativa di Chirurgia Oncologica del Policlinico di Siena, da sempre sostenitore della necessità di introdurre lo studio della medicina nell’ateneo salernitano. Figlio del senatore repubblicano Biagio Pinto, per cinque legislature parlamentare eletto nel Cilento, il professor Pinto è uno dei massimi esperti europei di cancro gastrico e, anche se vive dalla metà degli anni Sessanta lontano dalla sua città, ha forti legami con la sua terra.
Lei ha vissuto a Salerno fino ai 18 anni di età.
Sì. Ho fatto le medie e il liceo al Tasso e i miei ricordi sono legati a Piazza San Francesco, al lungomare, al Bar Nettuno. Alcuni amici di allora li frequento e li vedo tuttora. Penso a Pasquale Marangone, ordinario di ingegneria a Napoli, oppure a Gianfranco Baldi, già direttore del Banco di Napoli. Salerno negli anni Cinquanta e Sessanta era un po’ più tranquilla di adesso, ma egualmente bella. Io andavo al mare a Mercatello, al Lido Azzurro, oppure agli stabilimenti della zona del Porto.
Poi d’estate si trasferiva con la sua famiglia a Pisciotta...
La maggior parte della stagione estiva la passavamo tra Pisciotta e Palinuro. Quando ero ragazzo, Palinuro era un paese bellissimo. E’ cambiato in peggio.
Perché?
La fortuna e la rovina di Palinuro è stato il Club Méditerranée. E’ stata la fortuna di Palinuro perché l’ha lanciata economicamente. E’ stata la sua rovina perché ha distrutto molte sue bellezze. I francesi hanno fatto razzia dei reperti archeologici delle navi greche e romane antiche che erano sepolte nella baia. Ricordo per esempio com’era una volta la Grotta delle Ossa, una specie di montagna di ossa scalfite e disegnate dal mare. Ebbene, ora ne resta soltanto il nome. Le ossa sono state portate via dai turisti come souvenir. Anche dal punto di vista paesaggistico sono stati fatti danni rilevanti. La costa si è salvata, ma verso l’interno l’ambiente è stato in parte devastato, anche per colpa della costruzione della strada che porta da Palinuro a Camerota, che pure fu voluta da mio padre.
Anche Pisciotta è cambiata rispetto ai tempi della sua infanzia?
No, Pisciotta non è cambiata granché. Ha conservato la sua immagine, anche perché storicamente il pisciottano è geloso delle sue cose, non ha mai venduto niente.
Prima ha accennato a suo padre, il senatore Biagio Pinto. Com’era dal punto di vista umano?
Apparentemente era assai burbero, in realtà era generoso, buono, benvoluto da tutti. Grazie a lui, ho avuto la fortuna di conoscere personaggi straordinari. Ricordo le serate romane con il ghota del giornalismo italiano, da Giovanni Spadolini ad Alberto Ronchey, che finivano immancabilmente con una cena da Fortunato al Pantheon. Ricordo le lunghe passeggiate con Spadolini, che amava raccontare barzellette e pretendeva che uno ridesse anche se non erano molto spiritose. Ricordo il rigore intellettuale e morale di un politico come Ugo La Malfa.
Che tipo di politico era suo padre?
Un politico vicino alla gente. Pensi che alla fine della sua carriera politica, dopo 5 legislature e venti anni da parlamentare, donò la casa dove sono nato al Comune di Pisciotta. E’ il Palazzo Marchesale, il più bello di Pisciotta: tutti lo conoscono come il Castello e dalle sue finestre si vede Palinuro e il golfo di Policastro. Peccato che sia un po’ abbandonato. Speriamo che il Comune mantenga le sue promesse e lo metta a disposizione dei cittadini, come voleva mio padre.
Condivideva le idee politiche di suo padre?
Sì, ero anche io repubblicano e laico. Tra l’altro devo a mio padre anche la scelta di fare medicina. Io volevo iscrivermi a giurisprudenza e magari diventare notaio. Fu lui a consigliarmi la facoltà di medicina e l’università di Siena.
Soffrì il distacco da Salerno?
All’inizio sì. Studiavo per tornare a casa. Poi pian piano Siena mi ha conquistato, anche perché ho conosciuto mia moglie Donata, che è senese.
Chi è stato il suo maestro?
Il caso ha voluto che fosse un salernitano, il professor Bernardino Rocco, originario di Tortorella, nell’entroterra di Sapri, a sua volta allievo del grande professor Gallone. Devo a lui la mia carriera universitaria, e devo ad un altro grosso docente, Piero Tosi, attuale presidente della Conferenza dei rettori, la nomina a professore ordinario e la direzione del Dipartimento di Chirurgia e dell’unità complessa di Chirurgia Oncologica di Siena.
Lei è anche impegnato sul fronte della ricerca.
Assieme al professor Corrado Cordiano di Verona, abbiamo costituito nel 1998 il Gruppo Italiano Ricerca Cancro Gastrico. Siena è una zona endemica per il cancro gastrico, così come Ferrara e Forlì. La ricerca genetica ci sta dando grosse soddisfazioni. Abbiamo creato una banca dati genetica tra le più importanti del mondo, che ci ha consentito di collaborare a progetti di ricerca internazionali di straordinaria rilevanza scientifica, come quello del professor Caldas dell’Università di Cambridge sulle mutazioni genetiche.
Molti suoi colleghi sostengono che in Italia si investe troppo poco in ricerca scientifica.
E’ vero, ci sono pochi fondi. Ma quel che è ancora più grave, è che questi fondi sono spesi male, senza alcun controllo. E’ necessaria e urgente una riforma in materia che faccia chiarezza sulla destinazione dei fondi e che regolamenti i controlli sulla ricerca.
A proposito di ricerca, Veronesi afferma che la vittoria dell’astensione al referendum sulla procreazione rischia di bloccare le sperimentazioni relative agli embrioni.
Io ritengo che la ricerca non si possa indirizzare o bloccare con un referendum. Non ci può riuscire neppure la Chiesa. Non vorrei però che in Italia si faccia la stessa fine del nucleare, e cioè che mentre noi siamo fermi e vietiamo la ricerca sugli embrioni, gli altri Paesi vadano avanti nei loro progetti.
Da oncologo affermato a livello internazionale, qual è il suo giudizio sui medici professionisti salernitani?
Conosco tanti professionisti salernitani bravissimi che lavorano fuori Salerno. I problemi della sanità salernitana non sono dovuti alla scarsa competenza dei medici ma alla carenza delle strutture e alla mancanza della facoltà universitaria di Medicina.
Nonostante la Schola Medica Salernitana...
La Schola Medica Salernitana oramai è diventata un ritornello. Bisogna passare dalle parole ai fatti. L’istituzione della facoltà di Medicina potrebbe dare una mano seria alla sanità a Salerno. Pensi che solo in Provincia di Salerno si spendono oltre 250 miliardi di vecchie lire per cure fatte fuori dalla regione.
Della facoltà di Medicina a Salerno se ne parla ormai da decenni.
Conosco bene la storia e ho seguito da vicino le vicissitudini di questa proposta. In passato erano i politici e l’ordine dei medici ad opporsi, ma negli anni recenti bisogna ammettere che è stato lo stesso vertice universitario salernitano ad impedire l’istituzione della facoltà, per questioni di interesse baronale. Ora però le cose sono cambiate. L’attuale rettore Pasquino mi sembra ben intenzionato. Ne abbiamo parlato a lungo. Sono stati attuati tutti i passaggi burocratici previsti dalla legge, compresa la delibera del senato accademico. Anche la Regione Campania è favorevole. Il pallino è nelle mani della Moratti, alla quale sono stati già richiesti i fondi aggiuntivi per attivare la facoltà.
E se la Moratti sblocca i fondi, che succede?
Salerno potrà tornare ad essere un centro nazionale e internazionale di medicina, come nell’antichità, e anche i cittadini salernitani ne trarranno benefici. Spero che il mio sogno si realizzi. Mi piacerebbe chiudere la carriera nella mia città...
(pubblicata su La Città di Salerno, giugno 2005)
Scheda biografica
Il professor Enrico Pinto è nato a Pisciotta il 31 maggio del 1945 ed è cresciuto a Salerno, dove ha frequentato le scuole elementari, medie e superiori. Si è laureato in Medicina preso l’Università degli studi di Siena. Nel 1970 è stato nominato Assistente Universitario Incaricato, presso la cattedra di Igiene, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Siena, e nel 1972 Assistente Universitario Ordinario, presso la cattedra di Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica. Nel 1980 è stato incaricato Professore Associato di "Chirurgia Traumatologica della Strada" presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia e nel 1993 Professore Associato di Chirurgia II. Nel 2004 è stato nominato Professore Ordinario presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia. Impegnato fin dal 1988 sul fronte della ricerca scientifica sul cancro, nel 1998 ha fondato il Gruppo Italiano Ricerca Cancro Gastrico, che ha nove protocolli di studio in corso. Attualmente è Direttore del Dipartimento di Chirurgia Generale e Oncologica e dell’Unità operativa di Chirurgia Oncologica del Policlinico di Siena. E’ autore di ben 255 pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali.
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