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Intervista a Giuliano Piccininno, fumettaro

di Mario Avagliano

Rinasce Trumoon, la storica rivista dei fumettisti salernitani. “Sono passati venti anni da quella straordinaria esperienza. Stiamo preparando un numero unico, commemorativo, che raccoglierà gli inediti di tutti i grandi disegnatori di Salerno, da Bruno Brindisi a Raffaele Della Monica”. A rivelare in anteprima la notizia a la Città, è Giuliano Piccininno, di Giffoni Valle Piana, l’illustratore delle avventure del “cacciatore di vampiri” Dampyr, che nel 1982 è stato uno dei fondatori di quella rivista. “Penso che verranno fuori delle belle sorprese”, dice Piccininno, che ora vive e lavora in quel di Valdagno, in provincia di Vicenza, e in passato ha disegnato alcuni dei personaggi più amati dal popolo degli appassionati dei comics, da Alan Ford a Wile E. Coyote.

Lei è nato a Giffoni, ma in realtà è un salernitano purosangue.
Sì, sono cresciuto a Pastena. La famiglia di mia madre, Emma De Feo, è originaria di Giffoni, ma io e i miei genitori siamo vissuti a Salerno.
La Salerno della sua infanzia è diversa da quella di oggi?
Salerno negli anni Sessanta era a sprazzi ancora una città-giardino. Si respirava un’aria di efficienza, di ordine, di senso civico. Nei primi anni Settanta, nonostante la crisi petrolifera, l’illusione del progresso era ancora viva nei salernitani. Nella seconda metà degli anni Settanta, invece, sono cominciati il degrado, il caos, il traffico, l’imbarbarimento della città. Poi è venuto anche il terrorismo (mi riferisco all’assalto alla colonna militare di Torrione, al giudice Giacumbi…). A me che ero adolescente, Salerno sembrava non avere futuro!
La sua generazione è stata una delle ultime a crescere in un mondo in bianco e nero, a partire dalle immagini della tv. Il fumetto è stato un modo di dare sfogo all’immaginazione, ai colori che avevate dentro?
Senz’altro, almeno per quanto mi riguarda. Ho scoperto che bastava una matita per evocare mondi fantastici. A trasmettermi la passione per il disegno è stato mio padre Giovanni che, nonostante fosse diplomato ragioniere, si dilettava a dipingere. I primi insegnamenti basilari me li ha dati lui. Da piccolo, poi, ero affascinato dal teatro dei burattini. Mi sono cibato molto di quelle storie. Poi pian piano ho imparato a passare dal burattino materico, tridimensionale, al pupazzetto disegnato a china, che si esprime con i balloons, con le nuvolette.
La sua arte fumettistica è frutto di studi e ricerche da autodidatta o ha frequentato scuole specializzate?
Ho frequentato il Liceo Artistico di Salerno, ma ho sviluppato il mio tratto fumettistico da solo, o meglio nell’ambito di un gruppo di compagni di scuola e di altri ragazzi del Liceo Classico accomunati dalla passione del fumetto e che sognavano, come me, di trasformare quella passione in mestiere.
Parla dello Studiocaf, il primo nucleo di quella che sarà considerata la Scuola Grafica Salernitana?
Esattamente. Lo Studiocaf nacque nel 1977, in un locale a pianterreno in via Bastioni, vicino al Duomo. Ci vedevamo lì per immaginare progetti di storie a fumetti, per confrontare le nostre tavole, per esercitarci nel disegno e nella sceneggiatura, visto che a Salerno e a Napoli non esistevano scuole di fumetto. Erano una specie di sedute di autocoscienza, in cui capitava anche di accalorarsi e di litigare, con l’obiettivo di farci maestri di noi stessi, di crescere insieme, di sperimentare a 360 gradi le nostre capacità.
Chi eravate?
Oltre a me, i componenti del gruppo erano Raffaele Della Monica, che ora disegna Zagor; Giuseppe De Nardo, che è lo sceneggiatore di Dylan Dog e di Julia; Maurizio Picerno, che è diventato architetto; Vincenzo Lauria, che scrive e disegna per la Disney; e mio fratello Giorgio Piccininno, che è insegnante di grafica.
Quali erano i vostri modelli?
Spaziavamo tra tutti i generi di fumetti, da quelli colti a quelli popolari. Enzo Lauria prediligeva il fumetto umoristico. De Nardo amava il fumetto classico. Io e Raffaele Della Monica eravamo i versatili del gruppo grazie al nostro interesse per lo stile grottesco di Magnus.
Nel 1982 Piccininno si diploma in scenografia all’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Quello stesso anno, nasce la rivista Trumoon.
Ad un certo punto fu chiaro che l’unica strada per entrare nel mondo dei comics era quella dell’autoproduzione, e quindi dell’autopromozione. Bisognava avere il coraggio di spendere qualche soldo, di investire per il nostro futuro. Devo dire che coltivavamo anche il sogno di diventare editori di noi stessi. Sogno che si è scontrato presto con il fatto che, quando la rivista ha cominciato a circolare, sono arrivate le proposte di lavoro.
Quanto tempo è durata Trumoon?
Due anni, dal 1982 al 1984. Abbiamo prodotto 4 numeri, anche se molto corposi. E’ stata un’esperienza bellissima, autogestita sì, però in modo professionale. Abbiamo fatto delle cose pazze, presentando la rivista in giro per l’Italia alle mostre di fumetti, nelle edicole, nelle scuole, nelle case editrici. Ci siamo divertiti, abbiamo anche litigato, ma è stato il passo decisivo della nostra carriera. Qualcuno ha dimenticato, e non tutti citano Trumoon come dovrebbero nel loro curriculum. Se non ci fosse stata questa rivista, saremmo rimasti quasi tutti degli illustri sconosciuti.
Nel frattempo al gruppo originario di Studiocaf si erano aggiunti altri elementi...
Erano arrivati Luigi Coppola e Roberto De Angelis, che peraltro avevano già idee originali e una preparazione grafica eccellente. Quelli che hanno iniziato proprio con Trumoon, e di cui quindi possiamo “rivendicare” la scoperta, sono stati Bruno Brindisi e Luigi Siniscalchi, che allora erano assai giovani e quindi un po’ sprovveduti dal punto di vista tecnico.
Con Trumoon è nato il mito della scuola salernitana del fumetto. A distanza di venti anni, qual è stato il segreto del vostro successo?
Credo che il segreto del nostro successo sia stato l’unire la passione per il disegno alla ricerca e alla tecnica. Dopo le prime esperienze di lavoro, gli editori si sono resi conto che quei ragazzi salernitani erano professionali, erano capaci di mantenere i ritmi di produzione del fumetto seriale e popolare, e così abbiamo avuto le porte aperte dappertutto. E’ nato così l’aspetto leggendario della scuola salernitana, come un gruppo di giovani capace di cimentarsi in tutti i generi e di fornire un rapporto tra qualità e produttività che non si era mai visto, si trattasse di fumetto d’autore o di fumetto popolare.
Chi è stato il primo del gruppo a diventare professionista?
Raffaele Della Monica, che ebbe un contratto con una casa editrice di fumetti porno d’autore, che allora erano una bella palestra di crescita professionale. Poi entrambi, lui prima di me, abbiamo trovato posto nel team di disegnatori di Alan Ford. Nel frattempo ho cominciato a lavorare anche per le Edizioni Cioè, e in particolare per Boy Comics e per Tilt.
Nel 1987 è diventato anche insegnante di arte.
Ero in possesso dell’abilitazione all’insegnamento. Un mio amico dell’Accademia mi invitò a presentare una domanda di supplenza in una provincia dove ci fosse qualche possibilità di entrare nella scuola. Scegliemmo Vicenza. Con mia grande sorpresa, fui chiamato. Poi partecipai al concorso a cattedra a Venezia, vinsi, ed eccomi qui, al Liceo Scientifico di Valdagno.
Negli anni successivi lei ha disegnato molti personaggi per bambini.
Ho lavorato con il Corrierino dei Piccoli, disegnando le Tartarughe Ninja, Tiramolla, Prezzemolo di Gardaland e i personaggi della Warner Bros, in particolare Wile E. Coyote e Daffy Duck. Recentemente anche Magic Geox.
Bisogna avere una sensibilità particolare per narrare storie a fumetti destinate ai bambini?
Bisogna avere memoria, ricordarsi di se stessi da bambini. Tecnicamente, poi, occorre un “segno” abbastanza rotondo, che gli inglesi chiamano childy, e che i più piccoli apprezzano molto. Per fortuna, questo segno io ce l’ho.
Ha mai disegnato storie sue e personaggi inventati da lei?
A metà degli anni Novanta ho pubblicato un mio personaggio, Ozzy, poi assieme a De Nardo, ho scritto e illustrato diverse storie mie, pubblicate sull’Intrepido. E’ stato un breve e felice periodo di assoluta libertà creativa. Ricordo che su uno degli ultimi numeri dell’Intrepido, per casualità assoluta, si concentrarono lavori di molti di noi salernitani: io, De Nardo, Della Monica, Brindisi, Siniscalchi. Purtroppo l’Intrepido chiuse, per problemi di cattiva gestione interna, e così quella esperienza ebbe termine.
Nel 1997, però, entrò nella scuderia della Bonelli.
Mi chiamarono a disegnare Dampyr, il cacciatore di vampiri, e da allora è diventato la mia piacevole condanna. E’ un personaggio di grande spessore, mi piace molto, anche perché l’ho seguito fin dall’inizio. Sarebbe facile dire che si tratta di un antieroe, in realtà è un mezzo vampiro per parte di padre, che scopre di avere un tipo di sangue che è l’unica cosa che può uccidere i vampiri. Di fronte alla scelta se diventare un vampiro, e acquisire l’immortalità, oppure restare un essere umano, e di conseguenza combattere il male, opta per il bene, per l’umanità.
Salerno è mai entrata nelle sue tavole?
Nel 2000 ho pubblicato un calendario insieme ad altri disegnatori dove ho proposto una mia visione a fumetti di Salerno, molto sentita e appassionata. Per il resto, non nascondo che a volte uso il campanile del Duomo come sfondo di paesaggi urbani.
Che rapporto ha con la sua città?
Amo Salerno, ci torno volentieri e la trovo davvero rinata rispetto al passato. A Pasqua ho fatto un giro per il centro storico e l’ho trovato meraviglioso. E’ una città che, per quanto la conosco, non finisce mai di stupirmi per le sue bellezze. Vedo segnali positivi anche nel mondo dell’arte, grazie a queste grandi mostre che si stanno organizzando.
Lei vive da anni a Valdagno, nel Nordest. Che cosa le manca di Salerno?
Da disegnatore, potrei dire la luce. Dove vivo, i giorni luminosi sono assai pochi. Ma mi manca anche il vento di mare, quella brezza marina che spira tra i palazzi di Pastena, e poi mi manca il paesaggio della mia terra. Qui il territorio è tutta una megalopoli padana, fatta di capannoni e di industrie, che da Torino arriva a Venezia e a Udine. Non c’è quello spazio libero fra i centri abitati, quella natura quasi selvaggia del Cilento o dell’entroterra salernitano.
Lei è stato un quattrocentista di buon livello e resta un uomo anche di sport. Segue le sorti della Salernitana?
Ultimamente poco. Sono rimasto colpito dalla brutta storia del treno, dopo la partita con il Piacenza, e mi sono disinteressato del calcio. Ora preferisco il rugby, dove l’ambiente mi pare più sano. Sono in contatto con la squadra di Salerno e sono preparatore atletico e dirigente della squadra di Valdagno, che milita in serie C. Naturalmente l’atletica resta il primo amore…
Ha mai avuto problemi o si è trovato a disagio per il suo essere meridionale?
No. Sono convinto che il problema del leghismo si spieghi antropologicamente, e sia legato a questioni di branco. Gli abitanti del Nordest, presi singolarmente, sono persone tranquille e generose. E quando dimostri di essere capace di lavorare quanto e più di loro, come hanno fatto tanti meridionali emigrati qui, ti rispettano e ti stimano.

(La Città di Salerno, 18 aprile 2004)

Scheda biografica

Giuliano Piccininno nasce il 5 settembre del 1960 a Giffoni Valle Piana. Nel 1977, mentre frequenta il Liceo Artistico di Salerno, fonda con gli amici De Nardo, Della Monica e Picerno e Lauria lo Studiocaf, primo nucleo di quella che sarà poi definita "Scuola Grafica Salernitana". Dopo aver conseguito il titolo di Scenografo all’Accademia delle Belle Arti di Napoli, nel 1982 vara la rivista autogestita “Trumoon”, grazie alla quale esordiscono anche altri giovani autori salernitani oggi noti quali Brindisi, De Angelis, Coppola, Bigliardo; l'esperienza dura pochi numeri in quanto tutti gli autori trovano in breve lavoro presso vari editori. Passa al professionismo nel 1984 con Alan Ford che disegna fino al 1987, anno durante il quale, a seguito di concorso, entra in ruolo come insegnante di Disegno e Storia dell'Arte. Stabilitosi a Valdagno, in provincia di Vicenza, inizia a collaborare alle testate "Masters of the Universe" e "Magic Boy". Dal 1992 lavora per Il Corrierino disegnando le Ninja Turtles ed i personaggi della Warner (Wile E. Coyote, Daffy Duck), per il nuovo Intrepido su testi di De Nardo, e per Starcomix, sulle cui pagine da’ vita ad un personaggio interamente suo, “Ozzy", con avventure successivamente raccolte in volume dalla Tornado Press. Dal 1994 disegna e sceneggia Arthur King, l’insolito personaggio di Bartoli e Domestici. Nel 1995 coordina per la Tornado Press il progetto "Thrash" allo scopo di promuovere disegnatori esordienti. Del 1996 disegna e scrive storie per “Prezzemolo”, il draghetto mascotte del parco di Gardaland edito dalla multinazionale danese Egmont e produce la serie supereroistica di “Rave”, pubblicata dalla Tornado Press. Nel 1997 approda alla Sergio Bonelli Editore, come disegnatore del cacciatore di vampiri “Dampyr”, lavoro che lo impegna tuttora. Recentemente ha scritto e disegnato le avventure di “Magic Geox”, albi pubblicitari diffusi in tutto il mondo.

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