Intervista a Aldo Vigorito, musicista jazz

di Mario Avagliano

“La mia musica ha il profumo e le sonorità del mare di Salerno”. Aldo Vigorito, 45 anni, controbassista e compositore jazz, la sua città la porta nel cuore, anche quando è in tournée in Italia e per il mondo. Un po’ più “anziano” della generazione dei Deidda e di Scannapieco, ha suonato a lungo nella band di Romano Mussolini, collaborando con alcuni tra i più grandi musicisti italiani e internazionali, da George Benson a Maurizio Giammarco, da Enrico Pierannunzi a Lew Tabackin. Il suo ultimo album, uscito qualche mese fa, s’intitola Napolitanìa e, come ha scritto la critica, realizza “un ponte immaginario tra la tradizione del jazz americano e le atmosfere mediterranee”. Da Milano, dove è in concerto con la band di Carla Marciano, Vigorito racconta le tappe della sua carriera, parla con entusiasmo dei jazzisti salernitani e propone di rilanciare la rassegna Jazz Estate al Forte la Carnale.

La Salerno dei suoi anni giovanili era diversa da quella di oggi?
Direi di sì. Era una città sicuramente meno curata. Il corso non aveva un’isola pedonale, non c’era attenzione all’arredo urbano, mancavano locali dove ascoltare musica dal vivo, il lungomare era in stato di abbandono. In compenso, il problema della droga era appena agli inizi, il numero dei tossici era assai limitato, le canne non erano diffuse come adesso, il fenomeno delle discoteche era ristretto.
Com’è entrato la musica nella sua vita?
In famiglia la musica era di casa. Mio padre Enrico suonava il pianoforte e anche i miei fratelli, più grandi di me di una decina di anni, si dilettavano a strimpellare i pezzi dei Beatles con la chitarra e le tastiere. Prendevano lezioni a casa, dal maestro Pierino Magliano, e io li guardavo affascinato.
Lei quando ha cominciato?
A 10-11 anni di età. Suonavo la chitarra e il pianoforte. La passione man mano è cresciuta. E’ stata decisiva l’amicizia e la mezza parentela con Guglielmo Guglielmi, il cui padre era un ottimo clarinettista e arrangiatore. Ricordo che nel 1974, quando avevo 16 anni, quasi ogni domenica, su invito di Guglielmo e del padre, partecipavo a una sorta di jam-session alle quali intervenivano musicisti napoletani come Franco Coppola e musicisti salernitani come Angelo Cermola ed Enrico Parrilli. E’ lì che ho cominciato a cimentarmi con il basso elettrico. Innamorarsi del jazz e poi passare al contrabbasso, è stata una conseguenza naturale.
Chi sono stati i suoi maestri?
Finito il liceo scientifico a Salerno, mi sono iscritto al Conservatorio di Avellino e dopo un anno mi sono trasferito al Conservatorio di Roma. E’ stato importante per acquisire una padronanza dello strumento e naturalmente per la mia formazione musicale in senso ampio. Per quanto riguarda il jazz penso che, aldilà di un breve periodo di studio con Riccardo Del Frà alla Saint Louis di Roma, posso considerarmi un autodidatta. Ascoltare i dischi dei grandi jazzisti di tutti i tempi mi ha aiutato moltissimo.
Nel dicembre del 1980, subito dopo il terremoto, Aldo Vigorito ha fatto le valigie ed è andato a vivere nella capitale. Come mai?
Avevo deciso che il jazz era la mia vita e a Salerno era una missione impossibile vivere di musica. Non c’erano locali, non si organizzavano rassegne. A Roma era tutto diverso. Conobbi un giovane talentuoso chitarrista, Eddy Palermo, e cominciammo a suonare insieme al Saint Louis e nel quartiere Testaccio.
Nel 1984 lei entrò stabilmente nella jazz band di Romano Mussolini. Come lo conobbe?
Romano aveva bisogno di un bassista e Eddy gli fece il mio nome. Sono stato nella sua band per sette anni. E’ stata un’esperienza davvero formativa. Ho girato il mondo, calcando palcoscenici molto importanti, in America, in Canada, in Germania, in Inghilterra, in Svizzera. Ho suonato con musicisti del calibro di George Benson. Sono cresciuto anche musicalmente, confrontandomi con linguaggi musicali diversi dal mio.
Che tipo è Romano Mussolini?
Una persona spiritosissima e gioviale. Un grande parlatore, capace di affascinarti con i suoi aneddoti e le sue battute. Insomma, non sembra proprio il figlio del duce.
Arriviamo al 1987. Vigorito diventa direttore artistico della rassegna Jazz Estate, che per sei anni animò le serate estive salernitane al Forte la Carnale.
Fu un festival straordinario, con edizioni ricche di bei nomi del jazz italiano e internazionale. Molti salernitani lo rimpiangono ancora.
A Salerno proprio in quegli anni si affacciavano sulla scena musicale molti giovani talenti. E’ solo un caso?
L’idea del Festival Jazz nacque indipendentemente dal fermento giovanile del periodo. La crescita del fenomeno jazz era nell’aria in tutt’Italia,. Certo, non escludo che la possibilità di ascoltare tanti grandi artisti, possa aver stimolato qualcuno a provarci.
Quando conobbe i Deidda e gli altri jazzisti salernitani?
Fu proprio negli anni di Jazz Estate. Prima non tornavo quasi mai a Salerno e quindi ignoravo l’esistenza di questa realtà giovanile così effervescente. Ricordo che i tre fratelli Deidda, assieme ad Amedeo Ariano, Giovanni Amato, Daniele Scannapieco, Jerry Popolo ed altri, avevano affittato un posto a Fratte, dove suonavano tutto il giorno come dei pazzi. Ogni tanto ci andavo anche io e mi univo alla combriccola.
E’ nata allora la leggenda della scuola salernitana del jazz?
Non so se si possa parlare di scuola, di certo è nato un movimento, anche abbastanza atipico. Per essere una città di provincia, Salerno ha una schiera di musicisti eccezionali.
E’ un movimento che produce frutti tuttora? Ci sono musicisti salernitani emergenti?
Io credo che il periodo d’oro degli anni Novanta sia irripetibile. Qualche giovane bravo c’è, ma sarà il tempo a dire se vale davvero. Un nome mi sento di farlo, il pianista Julian Olivier Mazzariello, di Cava de’ Tirreni. Lui è un vero talento.
Il suo primo album è datato 1990, s’intitolava “Do it”, e coincise con la sua uscita dalla band di Romano Mussolini.
Fu uno degli ultimi vinili della storia del jazz, maturato peraltro in periodo “mussoliniano”. Quel disco nacque dal bisogno che sentivo dentro di me di scrivere qualcosa di mio, anche perché la musica che prediligevo era abbastanza lontana da quella della band di Romano.
In oltre venti anni di carriera lei ha suonato con i più grandi musicisti jazz italiani e con molte star d’oltreoceano. Le esperienze che ricorda con più calore?
Farei due nomi, Enrico Pierannunzi e George Benson. Enrico è un musicista che ho sempre stimato ed ammirato e avevo un grande desiderio di suonare con lui. Ci sono riuscito e di tanto in tanto ricapita. Ogni volta è un’esperienza fantastica. Di George Benson ricordo con piacere la vigilia del concerto. Passammo un giorno intero a provare. Fu davvero molto divertente!
Com’è nato il suo ultimo album, Napolitanìa?
Volevo un qualcosa che avesse il profumo del mare, che risuonasse di melodie dense di quella ricchezza tipica delle città di mare, e del magma umano che le compongono. Che si tratti di Buenos Aires o di Napoli, della mia Salerno, di Oporto o dell'immaginaria Innsmouth, le città a cui i titoli fanno riferimento, non ha nemmeno tanta importanza. In fondo il mare è uno spazio senza fine, un'apertura verso il mondo sconosciuto e misterioso, una sorta di disposizione mentale per cui si è sempre pronti a navigare ed accogliere tutto quello che s'incontra sulla propria rotta…
Come definirebbe la musica jazz di Napolitanìa?
E’ un jazz direi europeo, un po’ impressionista, che da’ delle chiazze di colore quà e là, ma sempre con riferimenti melodici.
In Napolitanìa suona con musicisti con i quali lavora da anni.
Si tratta del pianista Francesco Nastro e del batterista Peppe La Pusata, con i quali formo da tempo un affiatato trio. Ho voluto con me anche il sassofonista Stefano "Cocco" Cantini. Avevo suonato con lui solo una volta, ma lo conoscevo bene da un punto di vista musicale…
Quali sono i suoi modelli musicali?
Miles Davis, Bill Evans e Chet Baker.
Quale strumento usa?
Uso un Grunert, un contrabbasso di un artigiano tedesco, e talvolta il mio primo contrabbasso realizzato dall'artigiano napoletano Marino Tarantino.
Progetti?
Quest’anno ho inciso una decina di dischi che sono in uscita, con Enrico Del Gaudio, con Jerry Popolo, con Francesco D’Errico, con Salvatore Tranchini, con un trio di percussionisti molto bravi, Don Moye, Babà Sisoko e Maurizio Capone. Mi piacerebbe anche ricordare un altro disco cui tengo molto che è "Trane's grooves" di Carla Marciano, dedicato alla musica di John Coltrane. Questo mese io e Carla siamo in concerto a Milano, Vicenza, Bolzano e Roma.
Le piace vivere nella Salerno di oggi?
Moltissimo. Mi piace il clima, mi piace l’ambiente, la città è più bella del passato, e anche dal punto di vista musicale sono soddisfatto: la presenza di tanti bravi jazzisti costituisce per me un’occasione continua di confronto. Se devo fare un appunto, è che non esiste un vero e proprio jazz club e soprattutto manca una cultura manageriale dei promotor. I musicisti sono lasciati al proprio destino.
Magari si sente anche la mancanza di un festival jazz.
La rassegna invernale organizzata quest’anno al Teatro Verdi non era affatto male. Certo, sarebbe bello riproporre Jazz Estate al Forte la Carnale. Con quel panorama mozzafiato, è la location ideale.

(La Città di Salerno, 6 giugno 2004)

Scheda biografica

Aldo Vigorito è nato a Salerno il 11 luglio del 1958. Ha studiato contrabbasso al Conservatorio di S.Cecilia di Roma con Franco Petracchi e Federico Rossi. Nella capitale ha le prime significative esperienze jazzistiche collaborando con Eddy Palermo, Marcello Rosa, Cicci Santucci. Dal 1984 al 1990 fa parte del gruppo di Romano Mussolini, con il quale partecipa a numerosi festival e tournèe internazionali. Dal 1987 al 1992 è stato direttore artistico della rassegna "Jazz estate" di Salerno e di altri eventi di rilievo come il Festival jazz di Maiori. Nel 1993 ritorna a Salerno dove ritrova un ambiente jazzistico effervescente ed in continua evoluzione. Inizia una proficua collaborazione con Daniele Sepe, che si concretizza con varie incisioni discografiche e partecipazioni a festival di tutta Europa. Attualmente suona col trio di Francesco Nastro, e collabora con musicisti quali Giovanni Amato, Alfonso Deidda, Pietro Condorelli, Carla Marciano, Miles Griffith.
Molto attivo come sideman, ha suonato con alcuni tra i più importanti personaggi della scena musicale italiana e internazionale: Lew Tabackin, Bob Mover, Gary Bartz, Gianni Basso, Dave Sanborn, Jim Snidero, Paolo Fresu, Irio De Paula, Stefano Battaglia, Valery Ponomarev, Bruce Forman, Joe Magnarelli, Antonio Faraò, Tony Scott, Claudio Fasoli, Rosario Giuliani, Fabrizio Bosso, Roberto Ottaviano, Gary Smulian, George Benson, Jimmy Owens, Pat La Barbera, Lester Bowie, Dado Moroni, Adrienne West, Maurizio Giammarco, Enrico Pierannunzi, Stefano Bollani, Rita Marcotulli, Helen Merrill, Eddie Daniels, Eliot Zigmund, Benny Golson e tanti altri. Ha inciso con Romano Mussolini, Irio de Paula, Flavio Boltro, Daniele Sepe, Nino De Rose, Leo Aniceto, Carlo Lomanto, Fausto Ferraiuolo, Carla Marciano, Pietro Vitale, Ondina Sannino, Francesco Nastro, Francesco D'Errico e David Gross. Come solista ha al suo attivo due album, dal titolo "Do it" (1990) e “Napolitanìa” (2003).

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